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05 Ottobre 2023 - Storie

Il tempo è denaro, si dice. In alcuni campi è letteralmente così

Tempo
  
Dalla finestra poteva vedere banchi di nuvole transitare in cielo, vaporose e un po' sbiadite. Sembravano navi alla deriva da secoli e ormai senza più scopo né equipaggio, come lasciate a se stesse. Beccheggiavano, infatti, in quell'aria calda e ferma, con un passo esasperante. Ma tutto, in quel pomeriggio, era senza tempo: sembrava quasi di sentirlo sbadigliare. E anche lei. Di lavorare non aveva proprio voglia; ancor meno desiderava la presenza di qualcosa di caldo e vivo che stava esplorando i dintorni del suo pube. Eppure. "Ci hai fatto mai caso alle somiglianze tra noi e quell'oggetto?", disse rompendo il silenzio.

"Quale? Quello sul tavolino?"
Lei annuì. Lui la guardò un po' perplesso.
"Quell'ovetto strano lì? E cos'è?"
"Non lo riconosci? È un timer" disse seria. "Guarda, te lo avvio." Disse senza dargli il
tempo di reagire.

Alzandosi dal letto il seno un po' cadente strusciò sulle lenzuola, in un modo che lui trovò intrigante. Mentre era ferma in piedi, a due metri da lui, poteva ammirarla meglio. Le sue spalle giovani erano adombrate dalla lunga cascata dei capelli, gonfi come se fossero appena stati costretti ad alzarsi; il che era vero per il suo intero corpo. Le ondeggiavano a pochi centimetri dalla pelle come un velo leggero. Uno spettacolo incantevole. E poi, di sorpresa: "Senti qua" disse lei voltandosi. Non appena l'ovetto fu caricato, nel pomeriggio stanco piccoli scatti nervosi iniziarono a invadere la stanza come un esercito di soldatini di latta.

Tikki-tikki-tikki-tikki.

"Ma come sei contenta! Almeno portalo qui, fammelo vedere".
“No”, disse lei maliziosa. "Sta bene dove sta". E guardò fiera l'aggeggio ancora un istante, prima di apprestarsi a tornare. "Ma lo lasci acceso? Perché?" si lamentò lui. "Troppo tardi! Indietro non torno!" disse lei approdando sul letto di pancia. E in un attimo gli si distese accanto con un sorriso. "Allora, ti piace?" "Ma sì, sì." "Non te ne importa niente, vero?" "Dovrebbe?" disse lui con una sincera risata. "E' per te che sono qui." E le gettò uno sguardo bollente. Lei se ne ebbe un po' a male, ma decise di non darlo a vedere. Si mise sdraiata sulla schiena, sparse i capelli sul cuscino per stare più comoda, quindi attese. Lui capì. Ci furono lunghi secondi di silenzio mentre si dava da fare per mettersi sopra di lei. Adesso erano occhi negli occhi e i loro volti quasi si toccavano.

Tikki tikki tikki tikki.

I soldatini saltellavano nell'aria con ritmo nevrotico. Stettero così qualche istante sempre più lungo, lei sempre sorridente, lui quasi corrucciato. "Che succede? Non iniziamo?" disse lei a un certo punto. "Senti, non ci riesco. Quel suono mi entra nel cervello. Scusami, me lo puoi spegnere?"
"Che c'è, ti dà fastidio? Non farci caso, fai finta che non ci sia."
"Però c'è! Mette fretta. Le altre volte non l'avevi portato." disse lui con un sussurro nervoso. "Hai paura che esploda?" rise. L'idea che quel piccolo oggetto potesse esplodere era divertente. Ma poi si accorse che lui faceva sul serio e smontava da lei con una smorfia di fastidio. "Che c'è, è un timer! Si usa per la cucina, che ne so, per la cottura della pasta. È molto utile. E poi ha quella bella forma". "So cos'è un timer. Non mi fa paura, ma tu devi essere più seria. Se ti dico che devi toglierlo, devi toglierlo, capito? Ma perché te lo sei portato dietro?" aggiunse dopo che ebbe incrociato il suo sguardo. "Secondo te perché me lo porto?" disse lei con tono all'improvviso neutro. "Guarda, non saprei proprio" rispose sarcastico. "Vuoi proprio che ti risponda? E va bene. Per... per lavoro, insomma". "E qual è il mio lavoro?"
"Ora mi prendi in giro. Va bene" disse lui sollevandosi a metà letto. Il ticchettio sgraziato era ancora lì; anzi, sembrava dare una mano a esasperare ancora di più la situazione.

"Rispondimi. Sono seria" disse lei. Era seria, era quasi arrabbiata.

Tikki-tikki-tikki-tikki.

"Sei una escort, no? Fai la escort". "Puttana" replicò lei sulle ultime sillabe. "Sì, d'accordo. E allora? Guarda che puoi usare il cellulare per il timer, è più discreto. Almeno lo sai tu, quanto tempo rimane, ed eviti di rompere le palle a chi sta con te. A proposito direi che ho perso anche troppo tempo qui" e cominciò ad alzarsi. Lei non rispose subito. Non pensava di rovinare tutto con così poco. "Va bene, dai, lo stacco" disse infine con delusione. "Però tu rimani."
Lui la guardò a lungo e severamente. Poi sospirò forte e tornò al suo posto. "Sei ancora una bambina, eh?" le disse mentre la vedeva andare al mobiletto. Lei non rispose. Era ancora al tavolino a fissare l'ovetto come ipnotizzata. "Che fai? Non lo stacchi?" disse impaziente. "Sì, tranquillo. Volevo solo dirti quella cosa di prima. Lo senti? Non sembra il battito del cuore?" disse lei contemplando l'ovetto da vicino.

Tikki-tikki-tikki-tikki.

"Un po' accelerato, direi." "Già! Un cuore disperato. Qualcuno che sta lottando per la propria vita". "Lo stacchi, per favore?" "Proprio come nei film! Lei inseguita da un assassino psicopatico! E il cuore fa bum bum bum bum! Veloce veloce come questo timer."

"Devo andarmene?"

"Ma no, tranquillo. Guarda, si è spento. Lo vuoi? Prendilo!" Qualche istante dopo che l'ossessivo battito era cessato, l'ovetto volò a lungo nella distanza tra loro due. Lui si preparò a prenderlo al volo e ci riuscì. Gli era arrivato proprio tra le gambe. Sorridendo disse: "Come funziona?" E in quel momento esplose. "Magari" pensò lei mentre distesa guardava fuori. Dalla finestra si potevano vedere transitare le nuvole in cielo: erano vaporose e un po' sbiadite. Le sembravano navi alla deriva da secoli e ormai senza più scopo né equipaggio, come lasciate a sé stesse. E così era lei. Era triste, era nervosa, era malinconica. Si disse che era del tutto normale; era la sua prima volta: la sua prima volta come lavoro. Quindi, l'ansia dell'una e dell'altro messe insieme. Sarebbe stato divertente, se fosse andato tutto come lo aveva appena visto nella sua mente. Certo, lei non era davvero così sensuale come si era immaginata. E poi magari l'ovetto non esplodeva davvero, era solo un giochino che lanciava inchiostro e ti sporcava tutto come le penne quando scoppiano: "niente di che", pensò, "tanto laverò il lenzuolo comunque".

Sì, l'avrebbe lavato comunque, più tardi, non appena fosse finito tutto. Pensare di avere l'impronta di un altro sulle sue lenzuola per un secondo di più del necessario la avrebbe portata alla nausea. Ma in fondo era solo mezz'ora; quanto può essere lunga mezz'ora?
Guardò l'ora dal telefono e si rincuorò sapendo di avere ancora un po' di tempo con se stessa. Invece poteva essere anche simpatico. Poteva stare al gioco: ridere di essere tutto sporco di inchiostro, per esempio. Ci pensò su.

No, non credeva. Ma chi mai poteva voler comprare mezz'ora del suo tempo? Poteva essere alto, vecchio, arcigno. Poteva essere basso basso, una cosa da ridere. O un nano, un nano vero. Avere gli occhiali storti o i denti storti. Le mani grandi, le mani da vecchio. O brutto, orrendamente brutto, come un incubo da cui non puoi svegliarti. Questo pensiero la costrinse a sussultare.

In quel momento bussarono alla porta.


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