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Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio”
Rm 8,28-30

“Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”
Gv 8,32

2 luglio 1955. Il volo Pan Am 914 diretto da New York a Miami scompare nel nulla: 61 persone più il velivolo sono dissolti, smaterializzati. 9 settembre 1992, Caracas (Venezuela). Dopo trentasette anni, il volo 914 spunta dall’abisso e ricompare sui radar per atterrare presso l’aeroporto locale a seguito di un dialogo surreale tra il pilota e la torre di controllo. Mentre le guardie di sicurezza avanzano verso l’aereo, il capitano riavvia i motori in preda al panico e decolla nuovamente. Probabilmente per sempre.

4 settembre 1954. Il volo Santiago 513 decolla da Aquisgrana in direzione Porto Alegre, Brasile. Vi giungerà solo trentacinque anni più tardi, il 12 ottobre 1989, senza alcun contatto con la torre di controllo e 92 scheletri a bordo al posto di passeggeri ed equipaggio.

Realtà? Fantasie? Probabilmente leggende metropolitane con non più di un fondo di verità. Più recentemente, nel marzo del 2014, ha destato scalpore la sparizione del volo Malaysia Airlines 370 durante il sorvolo del Mar Cinese Meridionale a mezz’ora dal decollo: un mistero che resta tale ancora oggi dal momento che tutte le ipotesi investigative non hanno trovato alcun fattuale riscontro. È da questo episodio che Jeff Rake e i produttori esecutivi, tra cui un certo Robert Zemeckis, che di viaggi nel tempo se ne intende, traggono forza per dare alla luce nel 2018 la prima stagione della serie tv del momento: Manifest. Il plot in realtà è antecedente ai fatti del 2014.

Il volo 828 atterra a New York dalla Giamaica con cinque anni e mezzo di ritardo dopo aver attraversato una violenta turbolenza: per i passeggeri sono passate poche ore, non sono invecchiati, non si sono accorti di nulla, ma per il resto del mondo la vita è cambiata. Alcuni dei loro famigliari, degli amici, degli affetti hanno imparato a dimenticarli, ad andare avanti senza di loro. Altri invece non si sono più ripresi, straziati dal dolore. Altri ancora hanno lasciato questo mondo. I 191 passeggeri piombano dal nulla in una vita che non è più la loro, malgrado siano rimasti apparentemente gli stessi.

Presto in tutti i protagonisti di questa incredibile vicenda si manifestano facoltà nuove, inizialmente spaventevoli: sogni lucidi, intuizioni preveggenti, voci che sembrano guidarli e condizionarli. Comprendono in fretta che sono accomunati dall’evento vissuto, che li anima un unico scopo. Jeff Rake sposa insomma la teoria per cui tutto è collegato: tutti gli esseri viventi sono interconnessi da un campo di energia, una matrice, che Platone già chiamava “etere”, Jung “inconscio collettivo”, le tradizioni orientali “prana” e gli studiosi di esoterismo “piano akasico”.

È questo il tema portante di una serie tv in quattro stagioni (l’ultima in fase di realizzazione proprio in queste settimane) prodotta da Warner Bros ma divenuta un caso mondiale solo dopo essere passata nel 2021 sotto l’egida di Netflix, che l’ha salvata da cessazione prematura. Le premesse narrative non sono poi così fantascientifiche: dai tempi di Albert Einstein, che riteneva che l’essere umano non potesse avere alcun impatto sull’universo circostante, di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia. Il fenomeno dell’entanglement dimostra ad esempio come due fotoni separati, anche a diverse miglia di distanza, continuino a operare come parte di un’unica entità, come particelle materialmente collegate. L’entanglement sarebbe possibile proprio grazie a un campo di energia onnipervasivo, riscontrabile in ogni aspetto di ciò che definiamo “realtà”. Se esiste dunque un unico contenitore di informazioni, dal momento che tutta la materia è costituita in effetti di particelle subatomiche, appare perfettamente plausibile l’idea narrativa di un evento in grado di spingere gli esseri umani a comunicare e interagire ben oltre i cinque sensi. Nella finzione si parla di una modifica del DNA, ma forse nella realtà non ce ne sarebbe davvero bisogno.

E se le voci, le intuizioni, i segnali dalle dimensioni altre non conducessero sempre e comunque al bene? Come giustificare il male? Non tutto può essere ammansito e accomodato secondo i compassionevoli desideri dei due fratelli Ben e Michaela Stone (Josh Dallas e Melissa Roxburgh), corroborati dalle incredibili facoltà divinatorie del piccolo Cal. La sofferenza esiste e anzi sembra amplificata dal destino beffardo che ha salvato i passeggeri del volo 828 dalla morte per poi gettarli in pasto a un mondo sempre più cinico e infame, afflitto dalle croniche pochezze dell’essere umano e della sua coscienza collettiva. Capita così che un passeggero edifichi sugli incredibili accadimenti una nuova religione, una chiesa svuotata di senso e adorante il simulacro di un mistero, ma solo per il proprio miserevole tornaconto. E capita che altri vedano nel ritorno dei 191 redivivi una minaccia contro natura per la vita delle persone. Nel mezzo si formano intrighi di intelligence del tutto credibili, tra chi intravede business colossali e chi procede a sistematiche torture per accedere alla fruizione di chissà quali poteri miracolosi.

Insomma, Jeff Rake non fa (giustamente) sconti. Di fronte all’inesplicabile, l’uomo mostra la sua vera sostanza, spesso mediocre e inconsistente. Altri, pochi, scoprono risorse e vastità interiori che nemmeno immaginavano. Sullo sfondo aleggia la presenza di Dio, del Padre, la cui sapienza muove gli accadimenti impregnandoli di un senso che non può essere compreso ma solo intimamente percepito. Il libero arbitrio affonda le sue radici nella consapevolezza del momento, per il tramite di un faticoso percorso di elevazione spirituale che emancipi dalla meccanicità delle forze contrarie. Tematiche assai elevate per un prodotto catalogato come semplice sci-fi movie dalle tinte giallo poliziesche. Molto più che semplice intrattenimento, molto meno di Yogananda. Se potete, guardatelo.


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