La rovesciata
Foto di Piero De Marchis
Se fosse un servizio della Rai quasi sicuramente il sottofondo musicale sarebbe La Leva Calcistica della Classe ‘68 di De Gregori, le inquadrature si muoverebbero su un campo polveroso di periferia con i bambini che giocano di spalle e una voce fuori campo a commentare con tono tra il patetico e il retorico.
Se fosse una puntata di Sfide il sottofondo sarebbe sempre uguale ma si parlerebbe degli inizi di un certo campione che partendo dal basso è arrivato a vincere qualcosa di importante.
Invece questa è una storia molto più semplice: gli elementi del servizio della Rai ci sono quasi tutti, sia chiaro, ma non è lo stesso, suona diversamente, forse La Leva Calcistica della Classe ‘68 sebbene sia una canzone bellissima stonerebbe alquanto, si allontanerebbe dal contesto, quasi non gli renderebbe giustizia.
Era la fine degli anni ‘90, il Duemila stava per arrivare in testa alla hit parade, sicuramente doveva esserci qualche canzone che poi ci saremmo dimenticati anche perché chi lo aveva il tempo di guardare le classifiche? Le giornate erano scandite dai Simpson e da Dragon Ball, nessuno aveva il tempo nemmeno di pianificarlo il futuro, futuro che poi ci sarebbe arrivato addosso con la leggerezza e l'educazione di un masso di settanta tonnellate nel bel mezzo di una frana. Ad ogni modo, alle 15 e 30 eravamo già tutti schierati sul campetto in terra battuta pieno di polvere, cocci di vetro, sassi acuminati e residui di sostanze psicotrope che se solo ci avessimo fatto su un documentario adesso staremmo parlando di un'altra vita e di un'altra storia.
Eravamo lì, potevamo essere dodici, a volte dieci, a pensarci oggi sembra paradossale, riuscivamo a essere nello stesso posto per ore e ore e ci sembrava scontato, il tempo poi passa e capisci l’importanza di ciò che ti accade ogni giorno e a noi ingenui all’epoca pareva normale.
Le partite erano come una specie di odissea, si giocava all’infinito e la stanchezza si dimenticava di noi, fortunatamente anche il tetano, la malaria e altre infezioni del genere si dimenticavano di noi.
Quel giorno però lo ricordo bene, meglio di tanti altri. Potevano essere le 16, il sole era infame e c'era anche lo scirocco, la polvere si alzava, a folate, sembravamo nel deserto del Sahara. Arrivò un nostro amico insieme a un ragazzino, era normale portare qualcuno, nessuno avrebbe storto il naso, il ragazzino non aveva per così dire il fisico da calciatore ma a noi interessava veramente poco. Dopo i convenevoli di rito si sarebbe messo in attacco, vicino alla porta così da correre poco, con il tempo avremmo capito che era una sua caratteristica quella di correre poco, soprattutto perché era un forte fumatore, spesso durante le partite si accendeva la sua bella sigaretta, ma era normale, era un campetto polveroso e l'andamento più che De Gregori ricordava un disco dei Clash.
L'azione ce l’ho impressa, il difensore mi diede la palla, si la palla l'avevo io, non ero un gran calciatore, per la verità nella vita ho sempre saputo fare bene pochissime cose, crossare dalla fascia era una di quelle (ci sono i testimoni), avanzavo dinoccolato, dribblando le pietre. A un certo punto il ragazzino nuovo, con la sua bella sigaretta appoggiata all'angolo della bocca, mi fece cenno di alzargli la palla: decisi di assecondarlo, tanto di palloni ne avremmo giocati altri diecimila, erano appena le 16, avevamo davanti altre tre ore di partita, in tre ore James Cameron ha fatto affondare il Titanic, che vuoi che sia un cross.
Tutto quello che segue dopo che la palla si staccò dal mio piede è vero, assolutamente vero e me ne assumo ogni responsabilità.
La palla era tesa e viaggiava veloce e tutti pensavano che non l'avrebbe mai presa, erano pronti a insultare me che avevo fatto una mastodontica vaccata, non l'avrebbe presa mai, nemmeno con l'intercessione di qualche santo che guardando la partita avesse deciso di intervenire. Ma successe l'imponderabile. Quel Ragazzo, quell'essere umano che fino a quel momento non si era mosso, aspettò il momento giusto, gettò via la sigaretta con un gesto alla James Dean e si alzò in volo, si alzò tantissimo, si alzò talmente tanto che se fosse stato Cristiano Ronaldo Studio Sport ci avrebbe fatto almeno quattro puntate, dodici servizi e due approfondimenti. Si alzò volando in rovesciata, il gesto tecnico più famoso nel calcio, ma un conto è farlo su un campo d’erba, altro su uno di terra battuta e sassi.
Il Ragazzo si lanciò e sembrava leggerissimo, noi ci cercavamo con lo sguardo increduli per quello che stavamo osservando, ce lo raccontiamo ancora dopo anni, io lo sto raccontando a voi, è stata una cosa di una bellezza incredibile, i momenti che hanno preceduto l'impatto con la palla erano come rallentati, anche il vento si era fermato, le macchine passavano piano, una bambina ci ha messo dieci minuti buoni a cadere dalla bici, povera bambina che sperimentò in prima persona Inception molto prima di vederlo al cinema.
Il Ragazzo volò impattando la palla e mettendola all'incrocio dei pali, che poi non erano pali, erano due traversine di ferro che noi chiamavamo pali. Quando vedi la storia passarti davanti non lo realizzi subito, lo capisci dopo, ti ci vogliono almeno dieci minuti per avvederti del volo di qualcuno che avevi dato per scontato non potesse e soprattutto non volesse farlo.
Questa storia ancora si tramanda e per citare sempre De Gregori alcuni giurarono e spergiurarono di non essere mai stati lì e invece c'eravamo tutti e lo ribadiremo sempre, lo racconteremo ai nostri figli e c’è chi ci piazzerà sopra una morale, chi dirà che anche se è impossibile bisogna provarci, che non bisogna mai giudicare la gente dalle apparenze, diranno che lui fumava perché poteva permetterselo (tu non farlo), che i racconti di provincia sono sempre belli perché nessuno sa quanto siano veri e quanto inventati. Ma importa poco, è una storia, una bella storia, la storia di quando era facile, il futuro ancora futuro e per forza di cose lontanissimo.