Specchio riflesso - InEsergo

Title
Vai ai contenuti
ARTICOLI MENO RECENTI

Lucis Trust e ONU

Tra magia bianca e collaborazioni controverse

È possibile ereditare il trauma dei nostri antenati?

L'impatto psicologico dei rapporti tra fratelli

Una dipendenza

Tra solitudine, un nuovo inizio e la scoperta di una presenza inquietante

Capitano, mio Capitano

Educazione, ribellione e ricerca del Sè attraverso l'arte e la natura

The Old Oak

Il canto del cigno

Manichini

L'amore oltre il vetro

Quanno chiove (a Dubai)

Tra magia bianca e collaborazioni controverse

E' naturale la vita?

Riflessioni attorno a una favola in musica per il Pianeta Terra

Concerto mistico

Battiato vive: un viaggio musicale tra spiritualità e misticismo

Ponte Morandi: la verità è un anelito a prezzo di costo

Genova vuole credere nella giustizia. Genova vuole rispetto per i suoi morti. Genova chiede la Verità.
10 Ottobre 2021 - Attualità

Come stai? Se vuoi saperlo davvero guardami negli occhi
 
Specchio riflesso
 
“Non parteciperò mai a manifestazioni contro la guerra. Ma solo a quelle per la Pace!” (Madre Teresa di Calcutta)

Il modo migliore per provocare una reazione è guardarsi negli occhi allo specchio, affinché uno dei due non scoppi a ridere.
Ma il gioco non arriva quasi mai alla conclusione, essenzialmente per due motivi: primo, perché nessuno ha tempo da sprecare in questo modo. Secondo, perché si è convinti che sia impossibile, specchiandosi, ridere prima o dopo del proprio riflesso.

Mentre stai leggendo ti aleggia un terzo motivo. Che tu sia il più cinico del bar o, al contrario, che tu stia passando davvero un periodo difficile, prova a cadenzarlo, quasi a sillabarlo sulle labbra questo terzo motivo:

“Perché
in realtà
non c’è
proprio nulla
da ridere”.

Ora, se vuoi, riflettiamo insieme.

1)  Nessuno ha tempo da sprecare.

Il pensiero greco antico distingueva il tempo in Chronos, ovvero lo scorrere dei minuti; Aion, la durata della vita e Kairos, la qualità del tempo vissuto.
Kairos si avvicina quindi al concetto di momento giusto, l’occasione in cui accade qualcosa di speciale. Ma è soprattutto una porta sull’interiorità.

I greci (e non solo loro) avevano intuito già in epoca classica la caratteristica fondamentale del Tempo che il buon Albert, agli inizi del ‘900, ha teorizzato: la sua relatività. Non entriamo qui nel merito e lascio a te la curiosità di approfondire, ma vorrei farti notare che se lo consideri tiranno, sfuggente, assoluto, se ti trovi costantemente a rincorrerlo, allora il Tempo è relativo alle tue percezioni e non avrai altro dio all’infuori di Chronos. Aion sarà caduto in disgrazia e Kairos declassato a Ministro delle ferie, sempre che non piova.
Se lo percepisci tale ne sei vittima e passerai la vita (Aion) a lamentarti e a puntare il dito sul cattivo (Chronos). Poi leggerai da qualche parte, nel tuo solito modo molto relativo di leggere e comprendere (relativo intendo al tuo ruolo di vittima, spesso inconscio), che per essere felice devi (tale verbo lo vedi ovunque anche quando non c’è) viverti il presente e l’unico modo per farlo è non pensare a niente. Ammesso che tu ci creda, in quanto anima oppressa hai distorto la questione trasformandola in una specie di lotta, di resistenza, di liberazione. Così, un minuto alla settimana, ti sforzerai di non pensare e ti sforzerai così tanto da sembrare uno stitico con un elefante nel retto, mentre ripeti come un mantra: sto meditando.

Davvero nessuno ha tempo da sprecare in questo modo.

2)  È impossibile, specchiandosi, ridere prima o dopo del proprio riflesso.

Anche qui l’obiezione è più che rispettabile nel caso in cui ti trovassi davanti allo specchio del bagno. Ma io  non l’ho specificato.
E se fosse l’altro il tuo specchio? Il partner, tuo figlio, i genitori, gli amici, il collega, l’estraneo per strada.

“Io sono l'altro
Puoi trovarmi nello specchio
La tua immagine riflessa, il contrario di te stesso”. (Niccolò Fabi - Io sono l’altro)

Si parlava del tuo ruolo di vittima poco fa e ogni vittima, come sai, ha un carnefice. I due ruoli si cercano, si attirano, non possono fare a meno l’uno dell’altro. Ciascuno di noi li veste entrambi a seconda delle situazioni e delle persone, anche se uno dei due è di solito preponderante. Se l’oppressore è un’entità astratta e insondabile come il Tempo, risulta difficile da colpire e incolpare, ma  tutto cambia se prende una forma concreta con punti deboli piuttosto visibili. Perché è questo che facciamo tutti i giorni: lottiamo o resistiamo con le sentinelle severe in garitta.

“Vivo in un mondo dove sono sempre tutti contro, mai per” (Caparezza - Eterno paradosso)

In realtà chi è che combatte? Eckart Tolle lo chiama il Corpo di Dolore, l’insieme delle ferite del passato.
“Il Corpo di Dolore è un’entità di emozioni che vive nella maggior parte degli esseri umani. Ha una sua intelligenza primitiva, non dissimile dalla furbizia di un animale, diretta principalmente alla sopravvivenza. Come tutte le forme di vita, periodicamente ha bisogno di nutrirsi, di prendere nuova energia. […] Prospera con il pensiero negativo così come nel dramma delle relazioni. Il Corpo di Dolore è dipendente dall’infelicità. Può essere uno shock quando comprendete per la prima volta che vi è qualcosa in voi che periodicamente cerca emozioni negative, cerca l’infelicità”.
(Eckart Tolle - estratto da “Un nuovo mondo”)

Ti capita di avere un sentimento di rivalsa così pressante e ancestrale da sentire spesso la necessità di provocare? E cosa significa provocare se non sferrare un colpo, anche sottile, per aspettare una reazione?

“Prima regola del Fight Club, non parlate mai del Fight Club” ripetono ogni giorno i nostri Corpi di  Dolore. Che il film si riferisse a loro lo sapevi, vero?
Beh io no, l’ho capito adesso.

Per quanto lodevole sia la causa per cui ti batti e i fatti ti diano ragione, quando provochi cerca di capire prima come stai. Se ti senti contro, punterai il dardo avvelenato tra la pancia e la bocca dello stomaco: è il tuo corpo di dolore che, fregandosene dei motivi, ha solo fame della reazione rabbiosa e infelice dell’altro e di te stesso. La preda fuggirà o erigerà un muro. Se invece ti senti per, mal che vada ti troverai nelle mani un defibrillatore, non avendo nessuna necessità recondita di girare il coltello nella piaga. Nota bene: la piaga è anche la tua.

“Alla fine qualcuno pagherà
Il male che ci ha fatto… qualcun altro”
(Niccolò Fabi - Nel Blu)

Nel primo caso si perde entrambi, nel secondo ci sono possibilità di una vittoria comune.

Non sei comunque tu, a priori, a scegliere l’arma, quindi attento anche al buonismo, a chi ingoia in silenzio e alle convinzioni troppo granitiche: sono altri travestimenti della bestia ferita. È come lo dici, e non quello che dici, a suggerirti con che cosa e dove stai colpendo. È dove l’altro percepirà l’urto che ti farà capire se sia ancora prigioniero del ruolo di vittima/carnefice o se abbia colto l’occasione per smascherarli entrambi.

3)  Non c’è proprio nulla da ridere.

Per tutto l’articolo mi sono rivolto a te che leggi, ma non pensare che abbia voluto davvero provocarti. Se così lo hai percepito chiediti dove hai sentito male.

Ad ogni modo ricorda che questo foglio è solo un gioco di specchi e, in quanto autore, il primo a riflettersi (e  bastonarsi) è il sottoscritto.

Scommetto che ora stai ridendo.
Torna ai contenuti