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Nel cuore del bosco - InEsergo

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29 Maggio 2025 - InterEssere

La solitudine che cura e rafforza

Nel cuore del bosco

In questo articolo desidero riflettere sull’importanza del saper stare da soli e sul valore del bagno forestale. Immergersi nella natura non è solo un modo per rilassarsi, ma rappresenta un'opportunità per riconnettersi con se stessi, lontano dal rumore costante della vita moderna.
 
Nell’era della comunicazione istantanea e delle interazioni digitali, la solitudine ha assunto connotazioni spesso negative. Siamo abituati a essere costantemente circondati da stimoli: notifiche, messaggi, contenuti infiniti. In questo contesto, il semplice gesto di sedersi in silenzio con i propri pensieri può sembrare quasi eroico. Eppure, imparare a stare da soli è un atto di coraggio, oltre che una via per la crescita personale.
 
La società contemporanea ci spinge a riempire ogni momento vuoto con distrazioni: smartphone, social media, serie televisive. Questo continuo bisogno di intrattenimento ci allontana dalla possibilità di una riflessione profonda. Restare soli può generare ansia, perché ci costringe ad ascoltare pensieri ed emozioni che preferiremmo ignorare. Così, la solitudine viene percepita come una minaccia anziché come uno spazio di introspezione.
 
Prendersi del tempo per camminare in un bosco, respirare l’aria fresca e ascoltare i suoni della natura può avere un effetto profondamente terapeutico. Il bagno forestale, o Shinrin-yoku (森林浴), che in giapponese significa letteralmente “trarre giovamento dall’atmosfera della foresta”, ci invita a rallentare e ad aprirci alla bellezza silenziosa che ci circonda.
 
In un mondo frenetico e sempre più alienante, il bisogno di riconnettersi con la natura è diventato urgente. La terapia forestale, conosciuta appunto come Shinrin-yoku, rappresenta un approccio efficace per favorire il benessere psicologico attraverso l’immersione in ambienti naturali. Ho avuto la fortuna di praticarla in Giappone, in contesti naturali molto diversi tra loro. Questa esperienza mi ha fatto comprendere come tali pratiche non solo riducano lo stress e favoriscano il rilassamento, ma contribuiscano anche allo sviluppo di due risorse interiori fondamentali: la speranza e l’autoefficacia.
 
La speranza non è un semplice ottimismo. È una forza dinamica e orientata all’obiettivo: implica il desiderio che le cose migliorino, ma anche la capacità di vedere e percorrere le strade per realizzare quel miglioramento. Trascorrere del tempo nella natura, grazie alla terapia forestale, può essere un potente catalizzatore di questa forma di speranza. L’ambiente naturale riduce l’ansia, favorisce la chiarezza mentale e aiuta a formulare obiettivi più autentici, sostenuti da una visione concreta delle possibilità.
 
L’autoefficacia, concetto introdotto da Albert Bandura, si riferisce invece alla fiducia nelle proprie capacità di affrontare le sfide e raggiungere i risultati desiderati. Anche in questo caso, la natura può agire come maestra silenziosa. Camminare in un bosco, affrontare una salita, orientarsi lungo un sentiero: ogni gesto vissuto nella natura può rafforzare il senso di competenza e la fiducia in se stessi. Superare piccoli ostacoli fisici spesso si traduce in un rinnovato senso di efficacia anche sul piano emotivo e psicologico.
 
Speranza e autoefficacia non sono isole separate: si alimentano a vicenda. La speranza motiva l’azione, mentre l’autoefficacia sostiene la costanza. Le esperienze nella natura creano un circolo virtuoso tra pensiero, emozione e azione. Offrono spazi di riflessione, permettono di rielaborare vissuti complessi e di ridefinire le proprie priorità. In questo dialogo continuo tra bosco e mente, riscopriamo chi siamo.
 
In definitiva, la solitudine immersa nella natura non è vuoto, ma possibilità. È il silenzio che accoglie, non quello che isola. Una presenza sottile che ci permette di ritrovare la direzione, dentro e fuori di noi.

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