Educazione che arricchisce la vita
"L'empatia non è una situazione statica, e non è neppure una meta da raggiungere. L'empatia non è una materia che si può insegnare. L'empatia è un modo di relazionarsi - un modo di agire ed interagire. Allo stesso tempo, alcune pratiche possono aiutare a coltivare questo modo di essere. Nella nostra esperienza, la comunicazione nonviolenta è la più concreta e potente di queste pratiche".
Sura Hart, Victoria Kindle Hodson, A scuola con empatia, Esserci, 2014
Marshall Rosenberg, ideatore della comunicazione nonviolenta, nel suo libro "Educazione che arricchisce la vita" ("Life-enriching education: NVC helps schools improve performance, reduce conflict and enhance relationships", 2003), propone una visione che descrive un processo educativo al servizio della vita stessa piuttosto che un sistema basato su delle autorità o su una gerarchia di potere.
Secondo lo psicologo americano, l'educazione che arricchisce la vita apre alla possibilità di renderla meravigliosa, promuovendo connessioni empatiche, consapevoli ed eque, fondate sull'interdipendenza e sul desiderio di contribuire alla reciproca soddisfazione dei bisogni.
La scuola nonviolenta
In particolare per Rosenberg, le organizzazioni che arricchiscono la vita (famiglie, imprese o governi che siano) sarebbero tese a perseguire scelte rivolte al benessere comune e ad aumentare la solidarietà, il dialogo e l’autoconsapevolezza emozionale. Nello specifico, nelle istituzioni scolastiche che arricchiscono la vita (continuando ad usare la terminologia coniata da Rosenberg) il pensiero e le azioni degli insegnanti sono orientate all'ascolto empatico e al rispetto reciproco: gli studenti si sentiranno liberi di agire, senza il timore di soggetti che, occupando una posizione autoritaria, scelgano aprioristicamente cosa sia meglio per loro, formulando, in base a ciò, punizioni o premi.
Condividere, collaborare, chiedere feedback, esprimersi sinceramente, essere curiosi e compassionevoli gli uni verso gli altri, dovrebbero essere le idee guida di una scuola costruita sull'empatia e la gentilezza e che sarà desiderosa di contribuire a far sì che gli alunni divengano i veri protagonisti della propria vita.
Educare gli alunni alla scelta significa sostenerli e incoraggiarli a fare esperienze con consapevolezza, responsabilità e onestà; e nutrire la loro autostima, fiducia e autonomia contribuirà a farli diventare adulti aperti ed equilibrati, in contatto con i propri sentimenti e bisogni e, quindi, con quelli degli altri. Saranno ‘centrati’, con fondamenta solide e difficilmente oscilleranno tra la ricerca disperata dell'approvazione altrui o la totale indipendenza.
I sistemi di valutazione
In un contesto del genere è facilmente comprensibile la necessità di pensare nuovi approcci e creare strumenti inusuali atti a realizzare gli obiettivi di cui sopra. Ad esempio, il sistema di valutazione ordinario, basato sulle votazioni, oltre a favorire negli studenti la dipendenza, l'inconsapevolezza e gli stati ansiosi, promuove la competitività e l'egocentrismo a discapito di valori più nutrienti e appaganti quali la collaborazione, l'interdipendenza, la resilienza e la connessione empatica.
In realtà, si è visto che i voti non aiutano gli alunni a sviluppare un desiderio personale e profondo (che potranno usare come competenza per la vita), ma li spingono a una motivazione estrinseca, superficiale e svuotata di significato. Al contrario, in una scuola intesa come ‘formazione al servizio della vita’, interrogazioni e verifiche avranno il solo scopo di verificare, appunto, se gli studenti hanno raggiunto gli steps che si sono prefissati e così, in caso di esito negativo, potranno ricevere le informazioni necessarie a comprendere le loro difficoltà e a trovare gli strumenti migliori per raggiungere gli obiettivi che si sono posti. Coerentemente, il progresso che l'alunno ha raggiunto non verrebbe comunicato attraverso i voti ma descritto in termini di competenze acquisite.
L’aspetto psicologico
È confermato ormai dalle neuroscienze quanto l'apprendimento sia fortemente legato al benessere emotivo: la paura è un'emozione fondamentale per la nostra sopravvivenza ma, se non c'è un reale pericolo, alla lunga può bloccare la comunicazione, l'apprendimento e in generale, il desiderio di vivere. Dunque, soddisfare il bisogno di sicurezza è prioritario per facilitare il processo di apprendimento.
Purtroppo, spesso, la scuola si dimostra incapace di rispondere efficacemente non solo a questo bisogno fondamentale ma anche a quei bisogni che per gli studenti hanno un'importanza vitale: condivisione, appartenenza, confronto e ascolto. Quando nel suo libro "Intelligenza emotiva. Che cos'è e come può renderci felici" (“Emotional intelligence: why it can matter more than IQ”, 1995), lo psicologo americano Daniel Goleman parla di dirottamento emotivo, sottolinea come ansia ed emozioni quali la rabbia e la tristezza inficino fortemente le capacità di apprendimento: il corpo-mente delle persone che si trovano a vivere alti livelli di stress è impegnato, per un istinto di sopravvivenza a combattere o fuggire e, quindi, non avrà le energie né le risorse per le complesse attività mentali che l'apprendimento richiede.
Per questo sarebbe decisivo che gli insegnanti siano attenti a riconoscere e accogliere tutti i bisogni che gli studenti esprimono: di appartenenza, di divertimento, di autonomia, di riposo. In una classe basata sulle relazioni, insegnanti e studenti scelgono di prendersi lo spazio e il tempo necessario per imparare e allenarsi a un nuovo approccio in cui la comunicazione è usata innanzitutto per ascoltare e connettersi empaticamente con ciò che è vitale in se stessi e negli altri, per coltivare relazioni nutrienti e rispettose e per crescere in consapevolezza e compassione.
La necessità di ascoltare
Alcune ricerche hanno mostrato che ciò che gli studenti chiedono maggiormente agli insegnanti è proprio di essere ascoltati. Ascoltare empaticamente rimanda agli studenti un'immagine positiva, mette in luce i loro talenti e soprattutto dà valore alle loro parole. Questo contribuisce a creare un rapporto basato sulla fiducia, la connessione profonda, il rispetto e la reciprocità.
Possiamo quindi concludere che delle relazioni arricchenti, consapevoli e armoniose richiedano prima di tutto la volontà di fare accordi, allenare i muscoli empatici e fare scelte che abbiano la principale intenzione di tenere accesa la fiamma dialogica. E la ‘comunicazione nonviolenta’, ampliando il vocabolario dei sentimenti e bisogni, aumenta la probabilità che ciò avvenga.
Perciò, non sarebbe più fruttuoso e divertente se la scuola spostasse il suo focus dalla volontà principale di disciplinare gli studenti, al porre le condizioni migliori affinché insegnanti e alunni concorrano alla soddisfazione reciproca dei propri bisogni?