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03 Gennaio 2025 - Storie

Un viaggio surreale tra cimiteri futuristici, giostre letali e panini alla soia

Di padre in figlio
  
Era quel periodo dell’anno. Il raccolto è ancora verde nei campi, la pioggia cade come e quando le pare e, quando se ne va, lascia un sole cattivo come un cane affamato. Insomma, non si poteva desiderare un tempo migliore. In salotto il piccolo Joseppe faceva qualcosa, probabilmente dormiva o guardava la maledetta tv -Alair non avrebbe saputo dire, perché il figlio stava zitto solo in quelle due occasioni- finché da dove si trovava, in cucina, gli sentì chiedere a tutta gola: «Papà, quest'anno ci andiamo a Scoto?»

Alair sorrise. Se lo aspettava, era quel periodo dell’anno. Di solito rispondeva: «Non ci provare! Siete ancora acerbi per queste cose!». Invece gridò: «Puoi giurarci, piccolino!»  «Che bello, papà!» esclamò una seconda voce assai più vicina, mostrando la testa oltre il telaio della porta. «Sì, ecco… tu non vieni, Francine. Lo sai…» cominciò, ma il bambino scappò di sopra con le mani sulla faccia. «Lo sai che devi badare al nonno! Sei il più grande, cazzo» urlò esasperato. E poi, in modo che lo sentisse dal silenzio della sua camera al piano di sopra: «Ti voglio bene».

Se il nonno si annoia comincia a dare fastidio. Ai vicini, ai passanti, al prossimo suo, cioè a chiunque capiti di trovarsi nel suo raggio di azione. L’anno scorso c'era ancora Selma, il pastore tedesco bastardo, e se lo faceva bastare. Il cane sopportava bene le sue uscite di testa. Poi, una sera, Selma se n’era andata, zitta zitta. A ripensarci, stimava quella bestia, ovunque fosse.

La fiera di Scoto è la più importante del Quanaloo per il settore funerario. Ci sono i modellini dei cimiteri del futuro, a più piani, con tombe a scomparsa, per ottimizzare lo spazio, tali e quali ai micro-appartamenti a Taiwan, e in effetti i progettisti sono gli stessi.

Cimiteri classici, cimiteri d’avanguardia, cimiteri indipendenti, cimiteri à la page, cimiteri à la carte (componibili o ad accumulo).  E non ti dico le casse! Sepoltura in acqua, in ambiente ipossico! Ideale per chi vuole farsi ritrovare tra qualche tempo e magari finire in un museo. E, a proposto: fos-si-liz-za-zio-ne. E a pensarci - ah! - si sentiva già felice.

Qualche nuvola soffice sembrava indicare la loro meta come una stella polare. «Spero non si metta a piovere» diceva Alair al volante. «No, pà, ieri davano sole tutta la settimana» «L’hai sentito alla TV, questo?» Joseppe annuì.

Il piccolo non parlava più, stava solo concentrato a scrutare l’orizzonte dalla parte sbagliata. «Guarda a sinistra» gli disse Alair. Così finalmente lo vide. Sui campi verdi c’erano tante macchioline a maniche corte; dietro di loro, mostruose giostre alte come palazzi.

«Benvenuti! Siete quasi gli ultimi, due minuti ancora e taglieremo la torta! Moriamo di fame!» disse l'organizzatore. Dietro di lui scrosciavano le risate, e vi si unirono; poi padre e figlio furono chiamati da una vocina quasi in falsetto: al banchetto della registrazione c’era un giovanissimo scribacchino. «Siamo la famiglia [omissis], caro mio, io Alair e questo mio figlio Joseppe».

Il ragazzo non ricambiò il suo entusiasmo.

«Seppellivamo gente da prima che tuo nonno nascesse, ragazzino! Considerati fortunato! Vieni, Jos, non ti perdere!»
Mentre tagliavano una gigantesca torta guarnita di panna, si vedeva bene che quello era il raduno più di buon umore che si fosse visto. Il raduno nazionale (ma anche internazionale, perché no?) di arte funeraria. Esposizione, convegni, giostre, grigliate a cielo aperto.
«Che si mangia, papà?»
«Beh, lo vedi da te. Pannocchie arrosto, verdure grigliate, zuppe, di là c’è del succo di frutta con vitamine».
«E la carne, papà? E la birra? Tu la bevi, la birra, come farai? Posso berla anch’io, pà?» Suo padre sembrava aver perso un po’ di slancio «C’è quella analcolica, lì in fondo. Di carne rossa non ce n’è, pare che faccia male. Guardati intorno» Era vero, pensò il bambino. Magri, tonici, abbronzati, qualcuno con un flacone di pillole che prendeva tra una risata e l’altra, i più importanti cassamortari del Paese (e oltre) sembravano bambini cresciuti.
«E la torta?» «Latte di soia, ragazzino» gli disse un vecchietto con folta barba e cappello tirolese. «Ma perché?» «Scherzi? Vuoi morire con le arterie occluse, piccolo?»
Non si aspettava tutto questo. Ma c’era ancora speranza.
«Papà, posso andare alle giostre?» Alair lo guardò per un istante. «Direi di sì, piccolo; io adesso devo andare al bingo. Ci troviamo qui, eh?»

Ma il piccolo quasi non lo sentì. Gli batteva il cuore forte mentre si avvicinava. Dal suo metro e mezzo molto scarso vedeva dei mostri meccanici alzarsi nel cielo, alti come torri di lucido acciaio. «Giro della morte» vide scritto sopra la prima attrazione. «Mi scusi, io posso entrare? Quanto costa?» Il bigliettaio lo guardò allegro. «Qui è tutto gratis, piccolo!» «Gratis?» Rispose il bambino incredulo. «Proprio così, sì, ma hai le tue specifiche? Posso vederle?» Joseppe si sentì sprofondare nella confusione. «Che specifiche?» «Non sai cosa sono?» «Mai sentito parlare» «Senti, ma con chi sei venuto? Dov’è tuo padre?» «È al bingo» disse semplicemente. «E qual è il tuo nome?» «Sono Joseppe [omissis] e mio padre è Alair» «Ah, bene!» esclamò il gigantesco bigliettaio. «Allora ci conosciamo! Vedi, noi delle giostre siamo dello stesso settore» «Perfetto!» disse il bambino, ma il grosso bigliettaio scosse la testa. «Non può farmi entrare?» «No, potrei; potrei, senza problemi. Ma, piccolo mio, anche se avessi le specifiche non ti farei entrare, per tutto l’oro del mondo». Joseppe mise un po’ il broncio. Si sedette alla panchina lì accanto con le braccia incrociate e non si mosse più.

Ci volle parecchio tempo, ma alla fine il bigliettaio gigantesco venne da lui. «Ehi, vuoi sapere cosa sono le specifiche? Eccole qua» disse porgendo tre fogli spillati. «Nome, cognome» lesse Jos ad alta voce. «Modalità di sepoltura, tipo di cassa, sistemazione finale…» al bambino mancò la voce. «E pagamento anticipato, nota bene» disse il gigante. E poi aggiunse: «Sei non sei in regola, qui non Sali» «Quindi è davvero un giro della morte?» «Più o meno. C’è una certa probabilità, ecco. La gente viene qui apposta. Sciroccati, disperati, più o meno lucidi. Non rifiutiamo nessun. Chiediamo le specifiche più che altro per non avere problemi quando qualcuno muore davvero. Sai, si farebbe la guerra civile, qui dentro, per accaparrarselo».

Il bambino sbuffò e si allontanò borbottando qualcosa del tipo «Ma chi ti ha chiesto niente». Si sentiva pronto per il giro della morte. Ora vagava a caso, si vedeva davvero poco tra le gambe della gente che girava tra i baracconi, finché «Roulette russa» lesse su un altro cartello.
«Anche qui ci vogliono le specifiche?» Chiese senza troppi complimenti. «Beh, sì» disse un ometto con la parlata superveloce. Ma mi sa che tu non arriveresti neppure al tavolo. Dimmi un po’ se sbaglio>>
«Uffa» pensò Joseppe. Non gli restava che tornare indietro, facendosi largo controcorrente. Infine, si ritrovò alla zona pranzo, si prese un panino al formaggio di soia e una centrifuga con vitamine. Che schifo di giornata.

«Eccoti qui, Jos! Che hai?» «Papà, mi hai preso in giro! Non posso salire sulle giostre, non posso fare nient’altro e devo mangiarmi questo schifo di soia» «Ma è per il tuo bene, Jos» «Ma a casa posso mangiare quello che mi pare» «Quello perché sono un pessimo padre». Il bambino buttò gli occhi al cielo. «Ascolta, Jos. Da morto puoi fare davvero poche cose. Sostanzialmente stai in una cassa, un sacco o un’urna. Guarda, ne vuoi vedere uno? Ne ho vinti quattro al bingo» «Cosa?» «Dai, vieni, me li hanno messi da parte».

Joseppe si fermò davanti a quattro sacchi blu di tela con la zip. «Vedi? Questi sono della roulette russa, quell’altro è uno dei funamboli dell’alta tensione, e questo è dalla sfida delle tre boccette» «Boccette?» «Veleno» «Ahh» «Sì, le loro specifiche sono state messe in palio e le ho vinte io, dopo qualche giro di chiamate alle famiglie, si capisce. Sono pesci piccoli, ma meglio di niente. 2000-3000 dollari ciascuno. Ora li vedi così, ma noi li confezioneremo per bene, con dignità, come si dice. Con arte, come dico io. Li apro?» Disse con aria complice. «Ma no, che schifo!» Jos guardò suo padre e capì che c’era rimasto male. «Pà, ma come ce li portiamo questi?» «Ora vedrai».
Poco dopo Joseppe si stupì vedendo un muletto da supermercato caricare i quattro corpi sul pick up.

La parte restante della giornata andò poco meglio, finché sulla via del ritorno Joseppe decise di parlare. «Papà, perché mi hai portato alla fiera?» «Perché dici questo? Non volevi andare?» È stata una noia, pà!» Suo padre lo guardò con aria vuota. «Piccolino, pensavo che il mio lavoro ti piacesse. Non guardi sempre i film di zombie in TV? Prendilo come un gioco. No? Va bene, l'anno prossimo porto Francine. Ci badi tu al nonno?» «Sì, papà, promesso».
Alair

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