Biancaneve e i Sette Non-Nani
“I miti mi piacevano. Non erano storie da adulti e non erano storie per bambini. Erano molto meglio. Erano, e basta.” (Neil R. Gaiman)
Lo scorso agosto è uscito in rete il teaser trailer di quello che sarà il primo, attesissimo film del 2025 della Walt Disney Pictures, mentre scriviamo in fase di post-produzione: Snow White (data di uscita prevista: 21/03/25). Ne parliamo non perché particolarmente interessati all’opera in sé quanto per il fatto che questo film è stato oggetto, nella sua fase di concepimento prima e realizzazione poi, di una delle più grottesche polemiche pubbliche cui mi sia mai capitato di assistere.
Allora: passi la scelta di espungere dal titolo and the Seven Dwarfs (non sia mai che la Disney potesse essere accusata di abilismo…), nonostante il film sia dichiaratamente il remake di Snow White and the Seven Dwarfs (il nostro “Biancaneve e i Sette Nani”), il celeberrimo film d’animazione della Disney del 1937. Va detto, in effetti, che il titolo originale della fiaba ottocentesca dei Fratelli Grimm, da cui è tratta la storia, era semplicemente Biancaneve (Sneewittchen). E passi anche la scelta di far interpretare la strega cattiva a una delle donne più belle che abbia mai calcato il suolo terrestre (l’israeliana Gal Gadot) che, non ce ne vogliate, rende plasticamente piuttosto improbabile la sua invidia estetica nei confronti di Rachel Zegler, l’attrice che impersona la protagonista del titolo. Del resto, Biancaneve è la più bella del reame, come sentenzia lo “specchio delle mie brame” (e sennò l’intreccio non andrebbe avanti…).
Ciò che, invece, ha fatto discutere l’opinione pubblica, con diversi interventi sul tema, è stata la scelta iniziale della produzione di voler reinterpretare i personaggi dei Sette Nani. Cioè si decise inizialmente, quando ancora il film non era stato impostato a “interpretazione mista”, di scritturare per le parti un nano e altri sei non-nani (sic!), per di più di diverse etnie (ri-sic!) e uno dei quali pure donna (ri-ri-sic!), in ossequio a un non ben precisato senso di melting-pot che soddisfacesse il sempre più pervasivo, negli ambienti cinematografici, politically correct. Apriti cielo: prima Peter Dinklage (lo straordinario attore che interpreta Tyrion Lannister ne “Il Trono di Spade”), durante un’intervista per un podcast, spregia la scelta di realizzare il remake a causa del fatto che i nani sarebbero rappresentati in modo “fottutamente contrario” alla realtà; poi la Disney, pateticamente, chiarisce che la sua volontà è quella di realizzare una nuova rappresentazione dei nani per evitare “il rafforzamento degli stereotipi” (abilisti, appunto) su di loro e adduce, a riprova di ciò, di aver previamente consultato la comunità nanica per avere il placet sull’operazione. Ma, paradossalmente, la suddetta comunità nanica, nella sua sezione attoriale, a sua volta si inc…a con Dinklage perché le sue esternazioni rischierebbero di compromettere la loro scritturazione per future parti naniche nei film…insomma, un gran casino. Alla fine, la Disney, salomonicamente, decide di dare un colpo al cerchio (out i non-nani dal film) e, ahiloro, uno…in testa ai nani! Quindi: via gli attori in carne ossa tout court e opzione, come detto, per un live action a tecnica mista (per metà azione e la metà sui nani di animazione).
Questa, a grandi linee, la ricostruzione dell’imbarazzante querelle.
Ora, potremmo star qui a far presente, sommessamente, che i Nani di Biancaneve non sono persone affette da nanismo (cristosanto, ma è così difficile da capire che…NO, NON LO SONO!?!) ma rimandano alle fiere e orgogliose figure del folklore nordico, alacri minatori, valenti fabbri e, all’occorrenza, impavidi guerrieri. E, ancor più sommessamente, si potrebbe far presente che Biancaneve non rassetta i letti e prepara il pasto ai Nani che stanno tornando dalla miniera per una patriarcale visione del mondo per la quale la donna, sottomessa, si occupa delle “faccende di casa” (altra polemica tirata fuori ad arte…); ma lo fa per gentilezza e gratitudine verso i suoi ospiti che, a loro insaputa, stanno dando asilo a una sorta di “latitante”.
C’è una lezione da trarre da questa tragicommedia non voluta? Probabilmente una sì: ed è che, ancora una volta al giorno d’oggi (gli esempi sarebbero numerosi in tal senso) si prendono le Fiabe, per molti antropologi prima forma di narrazione mitologica, per farne scempio. Ne viene svilita la portata filosofica, la capacità catartica, l’essere un prezioso bagaglio di tradizioni culturali tramandate oralmente prima e per iscritto dopo.
Il Mito, sub-creazione umana che inventa un mondo secondario autonomo e internamente coerente, capace di conservare e tramandare la memoria e l’identità di una civiltà, nasce proprio con lo scopo di fornire risposte, in forma di storie fantastiche, alle grandi e complesse domande con cui l’Uomo, da sempre, si interroga. Chi siamo? Dove andiamo? Come sono nati l’Uomo e il mondo?
Ed è per questo che, sin dai tempi di Platone, il Mito è uno strumento di cui si serve il filosofo per comunicare le proprie idee in maniera più accessibile ed intuitiva; perché, attraverso di esso, si possono trattare realtà che vanno oltre i limiti dell’indagine razionale. Ma si badi bene: esso ha i propri i codici, il proprio linguaggio, le proprie ambientazioni.
E invece, in spregio a tutto ciò e in ossequio all’imperante tendenza della Società occidentale moderna in generale, e di certi ambienti del cinema mainstream in particolare, di rappresentare sempre se stessa, di riversare nel “prodotto” artistico l’attualità sociale e politica, si distorcono anche i miti e le fiabe. Cioè quei preziosi ‘strumenti’ che ci spingono ad intuire la Verità una volta che si è arrivati ai confini della Ragione…
In questa evidente crisi, del Mito e della Narrazione, ci sono andati di mezzo anche i poveri Nani di Biancaneve. Ma, ve lo posso anticipare mettendoci la mano sul fuoco, non saranno gli unici: vedo male, infatti, anche il bel Principe Azzurro. Perché?! Non vi aspetterete mica che Biancaneve venga risvegliata e salvata dal suo bacio, vero?!? Ecchediamine! In ossequio all’onnipervasivo women’s empowerment, ci scommetto che la Nostra si salva da sola, mandando in bianco il povero eroe!
Forza Florian…la prossima volta, forse, sarai più fortunato!