Guarire attraverso la vulnerabilità
“La vulnerabilità non è una debolezza, un’indisposizione passeggera, o qualcosa di cui possiamo scegliere di fare a meno. La vulnerabilità non è una scelta. La vulnerabilità fa parte del nostro stato naturale come una sottocorrente continua e immutabile. Fuggire dalla vulnerabilità vuol dire fuggire dall’essenza della nostra stessa natura. Il tentativo di essere invulnerabili è il vano tentativo di diventare qualcosa che non siamo e, soprattutto, di chiuderci alla nostra comprensione del dolore degli altri. Fatto ancora più grave, nel rifiutare la nostra vulnerabilità rifiutiamo l’aiuto che ci serve ad ogni svolta della nostra esistenza e paralizziamo le fondamenta essenziali della nostra identità, che sono ondulatorie e conversazionali. Possedere un temporaneo e isolato senso di potere su tutti gli eventi e le circostanze, è un privilegio carino e illusorio, forse la prima e più magnificamente costruita presunzione dell’essere umano, specialmente del giovane essere umano. Ma è un privilegio che dev’essere abbandonato con la stessa gioventù, con la cattiva salute, con gli incidenti, con la perdita delle persone che amiamo e che non condividono con noi i nostri straordinari poteri. Poteri che infine con grande empatia lasciamo andare, quando ci avviciniamo al nostro ultimo respiro”.
David Whyte, Consolations. The Solace, Nourishment and Underlying Meaning of Everyday Words
Quali sono i tuoi pensieri iniziali quando pensi alla vulnerabilità? Molti potrebbero associare la vulnerabilità a sentimenti di paura, incertezza o vergogna. Potrebbe esserci stato insegnato a non apparire vulnerabili (specialmente agli uomini). Con la vulnerabilità arriva la possibilità di un rifiuto o del fallimento, il che può sembrare spaventoso. Sebbene essere vulnerabili sia spesso considerato un segno di debolezza, in realtà è una parte profondamente significativa dell’esperienza umana.
L’isolamento alimentato dalla vergogna crea una profezia che si autoavvera.
Nel momento in cui lasciamo entrare qualcuno nello spazio della nostra vulnerabilità, non siamo più bloccati in solitudine insieme al nostro dolore e alle nostre sfide e il ciclo della vergogna si interrompe. La vergogna non può sopravvivere alla connessione. Per favore, rileggi attentamente la frase precedente.
Quando c’è una connessione, i sentimenti di vergogna e indegnità cominciano a evaporare. La connessione guarisce. Tuttavia, affinché la connessione abbia luogo, dobbiamo aprirci e diventare vulnerabili.
La vulnerabilità implica un rischio. Se sono vulnerabile, sto mostrando una parte di me di cui forse mi vergogno o che appare un po’ traballante e non completamente formata.
Pensa a una nuova abilità che stai lentamente imparando. Dopo alcuni mesi di pratica, a un certo punto potrebbe stuzzicarti l’idea di condividerla con qualcun altro. Questo è un momento vulnerabile. Potresti esporti al giudizio degli altri o avvertire il bisogno della loro approvazione, ma senza sapere anticipatamente quale delle due possibilità si verificherà.
Corri un rischio mostrandoti per come sei e non per come appari. È una scelta insieme eccitante (altrimenti non la faremmo) e spaventosa. Senza vulnerabilità, non c’è connessione. Se non entro in contatto con la mia vulnerabilità, non entro in contatto con me stesso, tanto meno con gli altri.
La vulnerabilità riguarda anche i limiti. Come esseri umani, siamo molto più limitati di quanto vorremmo ammettere. Non è possibile conoscere tutto, ci sono solo 24 ore in un giorno, la morte è una certezza, così anche la perdita, ecc. Semplicemente l’esistenza è in buona parte fuori dal nostro controllo.
Essere umani significa avere dei limiti. Essere umani significa percepirsi vulnerabili a causa di queste limitazioni. Esercitarsi a entrare in contatto con la vulnerabilità e a esprimerci in modo vulnerabile (chiedendo scusa dopo aver ferito qualcuno o confessando a una persona cara come ci sentiamo quando siamo feriti, tristi, rifiutati) è il modo migliore con cui possiamo fare pace con noi stessi.
Quando siamo in pace tendiamo a sentirci maggiormente in relazione: non ci nascondiamo più dalla vita, né per vergogna né per paura. Ci sentiamo connessi interiormente e siamo ispirati a connetterci con gli altri.
La vulnerabilità è parte inevitabile della vita. Invece di combatterla possiamo accoglierla, sapendo che a lungo termine renderà le nostre vite più piene. Pensaci. Dire ti amo a qualcuno può rendere vulnerabili. Provare qualcosa di nuovo è vulnerabile e snervante. Anche condividere un'esperienza difficile è vulnerabile e spaventoso: magari inizialmente lo si vorrebbe evitare ma in realtà potrebbe essere estremamente gratificante. Accogliere la vulnerabilità consente di vivere una vita appagante.
Normalizziamo la vulnerabilità e riconosciamo la nostra umanità come quella degli altri. Ecco qualcosa da tenere a mente ogni volta che ti chiedi cosa fare in una relazione: in caso di dubbio, sii vulnerabile.