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29 Marzo 2023 - Cinema

La scuola come un teatro sociale

Si va in scena
  
Molto spesso i film più riusciti sono quelli che si avvalgono di un budget risicato e fanno leva su un’idea forte, sulla quale poi si annoda la trama. Non sfugge a questa sorta di “regola aurea” l’ultimo lungometraggio diretto da Stefano Cipani, Educazione Fisica, che ho avuto modo di vedere una manciata di giorni fa. Il film, infatti, si ambienta interamente (da qui il titolo) all’interno di una palestra di scuola media di una piccola (non precisata) provincia italiana. La scelta del “non luogo” è spesso vincente: permette di immedesimarsi ancor di più nelle vicende raccontate e consente allo spettatore di concentrarsi maggiormente sulla storia (Donato Carrisi docet). Il cast è composto da attori dello spessore di Sergio Rubini, Angela Finocchiaro, Claudio Santamaria, Raffaella Rea e Giovanna Mezzogiorno, che impersona la dirigente scolastica.

Quando, incidentalmente, ho assistito alla proiezione del trailer mi sono venuti in mente due film a cui sono molto legato e con i quali, a mio parere, sussistono non pochi punti di contatto: mi riferisco al capolavoro di Roman Polanski, Carnage, e a quello che ritengo essere il miglior lungometraggio (ad oggi) di Lars von Trier: Dogville. Una volta uscito dalla sala in religioso silenzio e con la mente piena di pensieri, questa idea era ancora più radicata in me. Ma andiamo con ordine…

In Educazione Fisica i genitori di tre ragazzi vengono convocati d’urgenza dalla dirigente nella palestra di una scuola media. Il luogo è fatiscente, sembra debba cadere a pezzi da un momento all’altro, condizione nella quale versano non pochi edifici scolastici della nostra amata penisola. Il motivo della convocazione è legato ad un fatto gravissimo che non poteva in nessun modo essere insabbiato e sul quale era impossibile sorvolare. Nonostante i genitori degli alunni fossero stati messi di fronte al fatto compiuto, gli stessi decidono di fare fronte comune contro la dirigente, minacciandola per farle ritirare le accuse, bollate come false e pretestuose. La situazione non solo non cambia, ma addirittura degenera quando gli stessi genitori vengono in possesso di un video girato sullo smartphone di uno dei loro figli, nel quale l’agghiacciante verità viene a galla in tutta la sua spietatezza. Il confronto con la dirigente si fa serrato e brutale. Mentre lo spettatore viene inondato da dialoghi crudi, serrati, violenti da sembrare quasi surreali, non possiamo non pensare a quello che accade in molte scuole italiane.

Facciamo un salto indietro di 12 anni: nel 2011 viene distribuito nelle sale l’ultimo lungometraggio di Polanski, ovvero quel capolavoro di cinismo che risponde al nome di Carnage (titolo azzeccatissimo). Il film, proprio come Educazione Fisica, si gira all’interno di una stanza, ovvero la sala di un appartamento newyorkese di Brooklyn, dove risiedono i coniugi Longstreet, impersonati da Jodie Foster e John C. Reilly, entrambi in stato di grazia. All’interno del loro salotto va in scena la pantomima che li vede protagonisti assieme ai Cowen, interpretati altrettanto magistralmente da Kate Winslet e Christoph Waltz. Le due coppie decidono di incontrarsi all’interno dell’appartamento dei Longstreet per dirimere una questione riguardante un alterco avvenuto poche ore prima tra i rispettivi figli. La sceneggiatura è sublime, ironica, dolorosamente veritiera. Emerge un falso buonismo da parte dei genitori, che giustificano inizialmente i propri figli, per poi rinfacciarsi a vicenda le loro azioni. Nemmeno di fronte alle conseguenze sono in grado di riconoscere i propri errori, se non sotto i fumi dell’alcool (in vino veritas), ma anche lì i blandi e patetici tentativi di mediazione cadono nel vuoto, pur di difendere il loro stesso sangue. Da incorniciare la scena conclusiva dove i due ragazzi finiscono per far la pace, mentre i loro genitori, sfiniti, si chiudono in un assordante, quanto emblematico silenzio. Sia Carnage che Educazione Fisica sono opere tratte da pièce teatrali, come si riscontra anche nei tempi scenici e nelle sceneggiature: rispettivamente da Il Dio del Massacro della drammaturga francese Yasmina Reza e da La palestra di Giorgio Scianna. Dogville è addirittura girato all’interno di un vero teatro di posa e le linee tracciate col gesso demarcano gli ambienti all’interno dei quali gli attori recitano e dove vanno in scena la cattiveria e il cinismo che Lars von Trier attribuisce all’intero genere umano. Un critico del calibro di Sean Axmaker ha affermato come “non si può negare come Von Trier sia visivamente intrigante, ma come artista, il suo disprezzo per l'umanità sta diventando sempre più difficile da nascondere con l’eleganza stilistica”, anche se tale affermazione non mi trova molto d’accordo, per quanto il messaggio del cineasta danese sia volutamente estremizzato.

È innegabile che il comune denominatore di questi tre lungometraggi sia il cinismo. In Educazione Fisica e in Carnage, emerge un tema, a mio avviso, altamente inquietante e attuale, e lo dico da insegnante delle scuole medie, quindi da educatore. Sempre più spesso, nelle scuole in cui ho avuto modo di lavorare, mi capita di sentire vicende che non si discostano poi così tanto dai fatti raccontati in questi due film. L’istituzione scolastica viene messa all’angolo, depotenziata, sminuita, quasi non riconosciuta, a favore di un familismo dirompente all’interno del quale le famiglie fanno fronte comune giustificando note, alcune molto dolorose, così come provvedimenti disciplinari di una certa gravità, discussi, assegnati talvolta non senza versare lacrime amare, nella speranza che possano essere educativi e servire da monito per i ragazzi. Invece, il più delle volte, ci si accorge come il problema più grande risieda proprio nei genitori, sempre pronti a giustificare, incredibilmente, il comportamento dei propri figli.

Non vi nascondo la mia preoccupazione per come stanno andando le cose, non soltanto nelle scuole. Ma il discorso sarebbe lungo e da approfondire in sedi probabilmente più consone. Non mi resta che consigliarvi la visione del film di Stefano Cipani.


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