L’Ikigai - InEsergo

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09 Novembre 2022 - InterEssere

Viaggio alla scoperta della propria ragione di vita

L’Ikigai

Ho scoperto il significato di questa parola alcuni anni fa dopo uno dei numerosi ritiri presso il monastero zen Tosho-ji a Tokyo, quando un’amica giapponese mi chiese quale fosse il mio Ikigai. Ne rimasi immediatamente affascinata.
 
Ikigai è un termine giapponese e in quanto tale è molto difficile da “tradurre” in italiano: il giapponese, infatti, è una lingua fatta di idiogrammi con molteplici significati complessi. Uno stesso idiogramma può avere più significati e tradurli nella nostra lingua con un solo vocabolo rischia di penalizzare la filosofia che sta dietro a questo interessante concetto.
 
Ikigai è composto da “iki” (vivere) e “gai” (ragione) e significa “ragione di vita”, “senso della propria esistenza”.
 
Nella cultura giapponese la parola assume anche toni maggiormente comunitari: si intende quel “qualcosa di cui il mondo ha bisogno”, ovvero ciò che possiamo offrire con la nostra persona per migliorare la qualità di vita dell’altro. Nella cultura occidentale, tuttavia, la visione della comunità è molto diversa da quella giapponese e dunque in questa sede la lasceremo da parte per concentrarci su un’interpretazione maggiormente individuale.
 
Esistono molte teorie filosofiche o psicologiche per supportare le persone nel perseguire un equilibrio nella vita, alcune basate sulla riduzione dello stress e la gestione delle emozioni, altre sull’attuazione dei propri desideri.
 
La filosofia giapponese Ikigai, invece, mira al benessere attraverso la realizzazione del proprio destino, individuando quel “qualcosa per cui vale la pena vivere”.
 
Quella passione, quel talento, quella spinta interiore per cui sei disposto ad affrontare le prove più difficili e i momenti più bui.
 
È, insomma, ciò per cui siamo portati, che amiamo, e che ci spinge ad alzarci da letto ogni mattina.
 
Questa concezione della vita è nata inizialmente diversi secoli fa ad Okinawa - l’isola più a sud del Giappone, nella quale si conta il più alto numero di ultracentenari - dove appunto il termine era entrato nell’uso tradizionale per indicare le persone che avevano raggiunto il massimo livello di serenità interiore.
 
Con il passare del tempo si è esteso a tutto il paese, concretizzandosi in una vera e propria filosofia secondo la quale in Giappone ognuno ha il suo Ikigai, una forma di destino che ha poco a che vedere con l’inevitabilità e molto con la scelta e la convinzione.
 
È come se ognuno di noi dovesse compiere un percorso per arrivare alla felicità e l’Ikigai fosse il sentiero che scegliamo liberamente di seguire per giungere a destinazione.
 
Così come la complessità del termine non ci permette una traduzione univoca e semplice, allo stesso modo le vie per raggiungere il proprio Ikigai possono essere molteplici.
 
Prima di tutto è importante riconoscerlo: un piccolo consiglio è quello di “ascoltarsi”. Prova ad ascoltare il tuo corpo: cosa ti fa percepire le farfalle nello stomaco? cosa ti fa sentire al posto giusto nel momento giusto? cosa ami fare? Sono molti i punti di partenza per riuscire a identificare l’area del proprio Ikigai, che può essere, ad esempio, camminare silenziosamente nei boschi, osservare il mare in tempesta, ascoltare il fruscio delle onde, fare colazione al bar e così via.
 
Una volta messo in luce, proviamo a chiederci: cosa potrei fare per vivere più intensamente questo Ikigai e inserirlo nel quotidiano? Spesso ignoriamo le nostre passioni mettendole da parte in favore del “dovere”. Certamente ci sono dei doveri nella vita, ma esistono anche le vie di mezzo: forse non potrò andare a camminare nei boschi tutti i giorni o tutti i weekend, ma sapere che il mese prossimo farò una gita in montagna potrà rappresentare quel qualcosa che mi aiuterà ad affrontare le settimane future con maggiore appagamento.
 
Anche la psicologia può aiutare a trovare il proprio Ikigai. Lavorando su di sé, compiendo un vero e proprio viaggio di esplorazione interiore, è possibile comprendere meglio cosa ci fa stare bene e male e a cosa poterci dedicare per essere più appagati e interconnessi.


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