L'oro blu del XXI secolo - InEsergo

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01 Gennaio 2023 - Attualità

Il mondo e la battaglia per l'acqua
 
L'oro blu del XXI secolo
 
“L’acqua è un diritto di base per tutti gli esseri umani: senza acqua non c’è futuro. L’accesso all’acqua è un obiettivo comune. Esso è un elemento centrale nel tessuto sociale, economico e politico di un paese, del continente, del mondo. L’acqua è democrazia”.
Nelson Mandela
 
“L’acqua fresca e pulita non può essere data per scontata. E non lo è: l’acqua è politica e litigiosa”.
Michael J. Burry


Partiamo da un presupposto. Che se certe cose, in determinati ambiti, le afferma Michael Burry c’è da credergli. O quantomeno bisogna stare all’occhio.

Burry, classe ’71, da amministratore di un fondo speculativo non sarà di certo uno stinco di santo ma a me, a pelle, sta simpatico. Sarà perché ha la sindrome di Asperger ma, nonostante questo, è riuscito a farsi una vita (lavoro, moglie e figli); sarà perché ad appena due anni un brutto tumore oculare, un retinoblastoma, gli ha fatto perdere l’occhio sinistro (il che non è certo il modo migliore per cominciare un’esistenza); sarà, soprattutto, perché è un metallaro indefesso.

La sua figura è salita agli onori della cronaca finanziaria con la devastante crisi dei mutui subprime americani (2007-10): Burry, in tempi non sospetti, analizzando una montagna di dati, aveva capito per primo che si stava preparando una tempesta perfetta sul sistema finanziario statunitense. E su questo ha scommesso, azzeccandoci, nonostante la derisione e l’ostracismo del suo ambiente lavorativo che riteneva il mercato immobiliare statunitense incrollabile. Così, mentre i dipendenti della più grande banca d’affari del mondo, la Lehman Brothers, facevano gli scatoloni abbandonando i loro uffici, Burry si arricchiva, guadagnando letteralmente centinaia di milioni di dollari, grazie a quella strana regola finanziaria per la quale scommettere su situazioni future disastrose per centinaia di migliaia di lavoratori e di famiglie può farti diventare un supermilionario, se esse si avverano. È la finanza, bellezza! potremmo parafrasare.

Chiusa l’esperienza con i mutui, il Nostro, come leggiamo nella citazione in esergo, si è dedicato allo studio di quella commodity (ehm… scusate l’orrendo termine) che secondo le sue analisi sarebbe diventata l’oro (blu) del futuro: l’acqua. Brividi lungo la schiena…

Ma è appena cominciato il nuovo anno: partiamo con una nota positiva!

La nota positiva è che il 2023 sarà un anno record! Infatti, giusto poche settimane fa, il britannico Martin Griffiths, vice-Segretario dell’Agenzia per gli Affari Umanitari dell’ONU (OCHA), ha presentato a Ginevra un rapporto dal quale emerge che in questo 2023 sarà necessaria, appunto, la cifra record di 51,5 miliardi di dollari per aiutare centinaia di milioni di persone, sparsi in una settantina di paesi, a “rischio” alimentare (il termine rischio, sì, è un eufemismo…) causato soprattutto dalla carenza d’acqua.

Le risultanze di questo rapporto fanno il paio con quelle del rapporto dell’anno precedente, steso dall’OMM (Organizzazione Metereologica Mondiale), guidata dal climatologo finnico Jukka P. Taalas. Nel rapporto, titolato “The State of Climate Services 2021: Water” e presentato anch’esso presso la sede Onu di Ginevra, Taalas, analizzando lo stato dell’arte relativo all’andamento della gestione integrata delle risorse idriche, ci dice che, entro il 2050, circa 5 mld (si, miliardi!) di persone saranno “a rischio carenza acqua pulita”. Ottimo.

Però una speranza il professore ce la dà: se gli attuali tassi di progresso per migliorare la gestione idrica dei Paesi messi peggio, da qui al 2030, quadruplicassero, si potrebbe porre un freno a questa deriva (risate in sottofondo…).

Le cause? Le solite…

Il minimo comun denominatore tra i due rapporti di cui sopra è l’individuazione delle cause di tale disastro: l’innalzamento delle temperature e il velocissimo cambiamento climatico (toh, non l’avrei mai detto…). L’acqua è proprio l’elemento che più incide in questo contesto: inondazioni da un lato (soprattutto in Asia) e siccità dall’altro (soprattutto in Africa) creano, a cascata, problemi igienico-sanitari & maggiori malattie, perdita dei raccolti & scarsità/assenza di cibo, instabilità politico-sociale & migrazione.

Ad aggiungere gloria alla gloria, analizzando la mappa del “global water stress by country” redatta dalla Aqueduct - World Resource Institute, possiamo notare come tale stress non riguardi soltanto gli stati delle fasce equatoriali, come potremmo di getto pensare. Ma tutto il Pianeta: dal Messico al Sud Africa, dall’Australia al Giappone, passando dalla fascia mediterranea, il rosso-sangue colora gran parte del Globo. Antartide e Poli compresi. E anche noi italiani non ce la passiamo benissimo con i nostri acquedotti-colabrodo, l’aumento dei periodi di siccità e l’inquinamento delle falde (ricordiamoci che siamo riusciti a inquinare con i PFAS la seconda falda acquifera più estesa d’Europa, quella in provincia di Vicenza).

Acqua e conflitti: un legame assodato

A certificare il legame tra acqua & guerra non sono né le ONG né qualche Onlus poco credibile, ma addirittura la Banca Mondiale che, già quattro anni fa, individuava 507 (cinquecentosette) conflitti legati al controllo delle risorse idriche. Nord Africa e Medio Oriente le aree più a rischio. Qualche rapido esempio? Si pensi al Southeastern Anatolia Project: 22-dico-ventidue dighe che la Turchia ha costruito sul corso turco del Tigri (8) e dell’Eufrate (le altre 14), assetando così gli iracheni che, di quei corsi, stanno più a valle. Stessa cosa stanno facendo gli Etiopi sul loro tratto del Nilo, mettendo a repentaglio l’acqua (e la vita) di 150 mln di abitanti tra Egitto e Sudan. Il tutto condito da scambio di bellicose accuse e minacce reciproche. Pare di riascoltare, riveduta e corretta, la favola di Esopo del lupo e dell’agnello (e l’agnello, se ricordo bene, non fa una bella fine…).

Insomma, in un mondo (s)regolato da logiche liberal-mercatistiche prive di qualsiasi freno morale e per le quali ogni bene di prima necessità, acqua compresa, viene ridotto a una merce da contrattare sui mercati internazionali (la commodity, appunto), sembra proprio che il buon Burry ci abbia visto lungo ancora una volta. Con buona pace dei Nelson Mandela del passato e del presente.

Come direbbe il Crozza-Zaia di Fratelli di Crozza: ragionateci sopra

E pensare che io, in casa, mi arrabbio come una biscia se mio figlio si lava i denti usando troppa acqua…




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