La Divina Commedia di J. - InEsergo

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03 Gennaio 2024 - Storie

Un moderno Messia, miracoli instagrammabili e l'inevitabile fallimento celeste

La Divina Commedia di J.
  
Un tonfo, un urlo. Dio era veramente furioso ed era soltanto martedì. Gladis, la sua segretaria, era in preda al panico, non sapeva esattamente cosa fare e chi chiamare, San Pietro era in vacanza e nessuno era in grado di fare qualcosa quando l’umore del Capo era così pessimo.
Nessuno avrebbe voluto essere al posto di Gladis, nessuno. Ma era il suo lavoro, suo padre era amico di Dio e si era molto impegnato per farla assumere.

Gladis entrò nell’ufficio di Dio, timorosa e quasi tremando, aveva tra le mani una tazza di thè, ma era più che altro una cosa che serviva a calmare lei, almeno si sarebbe fatta trovare impegnata.
Dio farfugliò qualcosa e lei afferrò il blocco da scrittura per prendere appunti. Dio si schiarì la voce, i suoi ordini erano chiari e semplici.
J. doveva necessariamente tornare giù perché la situazione richiedeva un intervento radicale, la società stava perdendo clienti.
Gladis trasalì. Dio guardò la foto di Maria sulla scrivania quasi a chiederle perdono per quello che stava facendo, di nuovo.
 
J. stava nel suo appartamento tutto il giorno. Era comprensibilmente deluso e non aveva la minima voglia di scendere giù a farsi di nuovo tirare in mezzo a una guerra di religione; inoltre aveva saputo che tutti portavano al collo una croce e pensava che questa usanza non fosse per niente gentile: Lui aveva parlato di amore, non di condanne a morte e come sempre gli umani non avevano capito un cazzo.

Dio decise che sarebbe stato meglio parlargli di persona, sicuramente guardandosi negli occhi si sarebbero capiti meglio.
J. accolse suo padre con il rispetto che meritava, gli offrì un whisky, ma Dio rifiutò. L’espressione sul volto del trentatreenne non era certo il ritratto della serenità.
 
Gli abitanti del Paradiso avevano imparato a gestire quel suo umore un po’ malmostoso; del resto era anche normale, non era proprio stato trattato con i guanti e si chiedeva spesso a cosa fosse servito.
Avrebbe voluto persino scusarsi con Giuda che di fatto era stato solo un mezzo affinché le cose andassero come sarebbero dovute andare.
 
J. beveva molto caffè, passava le sue giornate ascoltando musica e provando a scrivere una sua autobiografia che poi avrebbe autopubblicato su Amazon.
Lo faceva perché, a suo dire, i Vangeli erano un pochino pretestuosi: lui si vedeva più come “uno che vuole fare la cosa giusta”, un precursore, una sorta di rivoluzionario; si era anche confrontato con Che Guevara, ma non si erano trovati bene con lo spagnolo e con qualche spigolo caratteriale.
 
J. fece accomodare Dio su una poltrona a sacco, una di quelle anni ‘80, J. aveva una certa passione per l’arredamento appariscente e un po’ kitsch; del resto era nato in una stalla, psicologicamente questa cosa di sicuro avrà avuto degli strascichi.
Il dialogo con Dio alla fine si rivelò piuttosto proficuo, i due riuscirono ad abbozzare un piano: J. sarebbe sceso sulla terra e avrebbe fatto in modo di cambiare le cose senza fare troppo rumore, un poco alla volta.
 
La discesa sulla terra  
 
Una grande città è una grande città. Il ruolo scelto da J. fu quello del senzatetto, con una cassetta di Coca-Cola di quelle in plastica su cui di tanto in tanto saliva usandola come palcoscenico. I suoi posti preferiti erano gli angoli degli incroci, i pedoni lo scansavano, alcuni sorridevano, altri lo ascoltavano, alcuni facevano dei video.
La sua ascoltatrice più fedele era una prostituta, si chiamava Penny, adorava la musica classica, mangiava poco e male e faceva la prostituta quando le andava. Per tutto il resto del tempo era una pittrice, aveva uno stile particolare, era come se un pittore rinascimentale si fosse reincarnato in lei. Ma i quadri classici si vendevano poco e allora lei, di tanto in tanto, faceva quel lavoro lì ma lo faceva senza passione, infatti guadagnava molto poco.
 
Penny era stata la prima seguace di J. Lo seguiva spesso, gli pagava da mangiare, tra loro si era instaurata una bella amicizia. Ma in due anni di prediche da strada non era successo niente, non era la Galilea, non era l’anno 20 d.C. La gente non aveva tempo e non voleva ascoltare.
 
La missione sembrava andare miseramente verso il fallimento, fino a quando J. non scoprì Instagram. Ma cosa avrebbe potuto fare lui che nessun altro avrebbe potuto fare?
Passò giorni interi a pensare, aveva anche sospeso tutte le attività, stava seduto dentro un vicolo ad accarezzare il suo cane Tyler e a pensare.
Poi, ad un certo punto, la folgorazione. Sarebbe stato un gesto estremo, ma il periodo storico era questo ed evangelizzare di città in città accompagnato da 12 tizi, tra cui un traditore, non avrebbe funzionato, si era già visto.
Invece, fare una diretta in cui sarebbe morto e successivamente resuscitato avrebbe fatto scalpore. Doveva soltanto raggiungere qualche milione di follower su Instagram e per farlo si sarebbe messo a fare qualche miracolo, miracoli instagrammabili però.
 
Lui e Penny persero giorni a capire cosa fare di concreto e poi, finalmente, l’idea: i miracoli, letteralmente i miracoli.
Dapprima J. scelse un basso profilo: camminò sulle acque. Alcuni gridarono al miracolo, ma erano ancora pochi; i follower crebbero, ma non abbastanza. Il secondo miracolo fu quello di trasformare l’acqua in vino, ma anche lì non fu abbastanza, pochi milioni e i soliti scettici che tiravano in mezzo gli effetti speciali.
Il terzo colpo J. lo mise a segno, resuscitò il cucciolo di una bambina: lì impazzirono tutti e J. finalmente sfondò la quarta parete dei social e divenne un fenomeno di tendenza.
 
Tutto era pronto per lo show finale: J. sarebbe morto e resuscitato, ancora una volta avrebbe dimostrato la sua natura divina e la gente si sarebbe redenta o quanto meno avrebbe iniziato a cambiare strada.
Scelsero un sabato, le cose accadono perlopiù di sabato. La prima morte in diretta Instagram, pochi sapevano che sarebbe stata anche la prima Resurrezione.
La diretta durò tre giorni, tre giorni nei quali i commenti furono i più disparati, dai più scettici ai più speranzosi, non mancarono insulti, proteste, interrogazioni parlamentari, speciali TV. Tutti parlavano della diretta in cui un predicatore era morto dichiarando che sarebbe resuscitato, il clamore durò poche settimane, il tempo di qualche opinione tendenziosa.
 
Alla fine, J. capì che non ne sarebbe valsa la pena, la diretta che avrebbe mostrato al mondo la sua Resurrezione era stata già superata dal video di un uomo di centotrenta chili che ballava in tutù attorno ad un uovo.
 
J. decise di tornare su a guardare un film di Scorsese. Il resto prima o poi si sarebbe comunque sistemato da solo.

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